I test di provocazione sono indagini utilizzate raramente al fine di comprovare nell’organo colpito (congiuntiva, mucosa nasale o mucosa bronchiale) una sospetta allergia che non ha potuto essere confermata. Questi test si utilizzano quando vi è una discrepanza tra i dati anamnestici e i risultati degli esami serologici o cutanei, discrepanza che non permette di affermare se vi è rilevanza clinica della sensibilizzazione messa in evidenza o se gli indizi anamnestici non trovano conferma nei test cutanei o nei test serologici eseguiti.

Provocazione oculare

A livello congiuntivale vengono inoculate alcune gocce  contenenti gli antigeni sospettati, evidentemente ad una concentrazione non pericolosa né tossica; dopo 10-20 min. si osserva se c’è un’infiltrazione delle congiuntive con prurito e lacrimazione.

Provocazione bronchiale

Serve per mettere in evidenza o confermare una iperreattività bronchiale in ambito allergico o di Asma bronchiale. Al paziente vengono fatte inalare dosi crescenti di mannitolo/metacolina, un innocuo zucchero. La misurazine sequenziale del flusso espiratorio indica una eventuale iperreattività.

Provocazione nasale

Analogo procedimento di quello evocato per i test oculari, evidentemente a livello delle mucose nasali. Si può osservare, in caso di positività, anche una partecipazione congiuntivale e laringea a comprova della significativa sensibilizzazione che il paziente dimostra.

Foto-patch-test

Dopo aver applicato le sostanze incriminate con il sistema dei test epicutanei si procede ad un’irradiazione con sorgenti di ultravioletti A per vedere se dopo 2 a 3 giorni si sviluppa un rossore prurigginoso, segno di una positiva fotosensibilizzazione.