Breve storia della Dermatologia
Nella storia della medicina, le descrizioni, dapprima letterarie e poi scientifiche, di alterazioni cutanee e mucose sono precocissime e, mentre in un primo momento si limitavano solo all’osservazione del fenomeno, successivamente vengono integrate dalle conoscenze sviluppate dal progresso scientifico.
La dicotomia tra dermatologia occidentale (greco-latino-italiana, europea e, più tardi, nord-americana) e orientale origina molto lontano nel tempo.
E’ curioso sapere che già tra il 2838 e il 1698 a.C., la farmacopea cinese utilizza l’efedra, la Rauwolfia serpentina (da cui la reserpina) e l’arsenico (anche per le malattie veneree !). Da ricordare, l’uso di insufflare nelle narici croste vaiolose ridotte in polvere per “immunizzare” dalla malattia, molti secoli prima di Jenner, il padre della prima vaccinazione e conseguentemente anche di quelle successive.
Ebbene, l’osservazione delle patologie cutanee già allora richiese degli “specialisti”, per così dire, della pelle, cioè i primi dermatologi.
Dobbiamo attendere il 1768 perché tale branca specialistica abbia un’ufficializzazione nel mondo occidentale e, per la precisione, questa avviene a Parigi, all’Hopital de St. Louis, con il primo incarico per l’insegnamento della dermatologia dato al grande Jean Louis Alibert.
Delle specialità cliniche della medicina, a prescindere dalla chirurgia e dalla ostetricia, due discipline distintamente praticate a lato della medicina, ed escludendo la medicina legale e l’anatomia patologica che non possono essere considerate materie cliniche, l’oculistica e la dermatologia sono le prime specialità riconosciute.
A chi vorrebbe ridurre il lavoro del dermatologo ad un ambito prettamente patologico e di semplice dispensatore di pomatine, ricordiamo che già nel 1600 a.C. ritroviamo (papiro di Smith), in caratteri geroglifici, una ricetta antirughe egiziana. Il principio attivo (estratto di frutto hemayet , ancora ignoto per altro) era in grado di “ togliere le rughe della testa, rendere più bella la pelle rimovendo tutte le macchie, le deformazioni, tutti i segni dell’età e gli indebolimenti della carne” e fu ritenuta valida miriadi di volte.
Tremilaseicento anni fa, quindi, già si parlava di rughe, photoaging e melasma. Affondano, quindi, lontano nel tempo le radici della dermatologia plastica.
Non solo esistono medici che si occupano prevalentemente di malattie della pelle, ma tra questi dei super specialisti che si occupano solo di patologie della testa (ietroi kefalès). La descrizione di quadri patologici, oggi ben conosciuti, quali la dermatite seborroica, l’alopecia areata e manifestazioni parassitarie, risale a questi nostri avi. I papiri di Ebers e di Hearst ci forniscono anche i tentativi terapeutici effettuati con sostanze quali: grasso di ippopotamo, miele, trementina, zolfo.
Dalle coste egiziane si passa alla “Magna Grecia”. E’ di Coo il grande Ippocrate, nato intorno al 460 a.C., che descrive l’erisipela, il prurito vulvare, i tumori cutanei, le ulcere cutanee e introduce termini che ancora oggi rimangono nella nomenclatura dermatologica quali lichen, esantemi, psoriasi e alopecia.
A Claudio Galeno, negli anni che vanno dal 130 al 201, nato a Pergamo, ma che diviene famosissimo medico a Roma, il merito di aver riunito le malattie cutanee in rigorosi capitoli nosografici. Egli per primo parla di dermatosi provocate per simulazione dallo stesso paziente (dermatitis artefacta o patomimie come saranno chiamate successivamente).
Anche la medicina araba, che domina per circa trecento anni, tra il 600 ed il 900, dà il suo contributo alla ricerca delle malattie della pelle. Si deve ad esempio a Rhazes, noto medico arabo, la perfetta descrizione del morbillo e della varicella. Figlia di questa scuola è una donna, Trotula (la prima dermatologa plastica? la prima cosmetologa?), che insegna nel IX secolo nella celebre scuola salernitana; nel suo De passionibus mulieribus si trova una serie di ricette cosmetiche che hanno il fine di “rendere più bello il volto e più chiara la pelle”, una semplificazione di quello che noi oggi cerchiamo di ottenere con un “peeling”. E’ forse da questa cultura che nasce e si sviluppa quell’esperienza nell’universo della bellezza femminile nel mondo arabo, noto come hammam, o bagno turco. Qui, nelle sale che diventano progressivamente più calde, le donne si dedicano a cure di bellezza, utilizzando guanti e pietre, per lisciare ed esfoliare la pelle, e il ghassoul, un’argilla saponifera, per lavare il corpo e i capelli. Metodologia e filosofia, queste, che oggigiorno trovano larghi consensi anche nel mondo femminile occidentale. I profumi sono quasi un oggetto di culto nel mondo arabo: le descrizioni del Paradiso nel Corano contengono abbondanti riferimenti ai profumi di rosa, di nardo, di mirto, di muschio, senza dimenticare che l’incenso è proprio originario dell’Arabia Felix. Si dice anche che il Profeta Muhammad amava tre cose soprattutto sulla terra: le donne, la preghiera e il profumo. E un altro famoso detto dal mondo arabo-musulmano è “Allah jjamil wa yuhibbu al-jamal”, ovvero “Dio è bello e ama la bellezza”.